Adolescenti e salute mentale: li vediamo davvero?

Il Biancospin, una comunità terapeutica per adolescenti con disagio psichico del Veneto, accoglie 25 ragazzini l’anno: le domande d’ingresso nel 2023 sono state dieci volte tante. In provincia di Brescia, il centro Raggio di Sole ha 16 posti e 50 minori in attesa. Cento anni dopo Basaglia è impossibile parlare di salute mentale senza parlare di adolescenti: un capitolo del magazine in distribuzione fa il punto sui bisogni e le esperienze innovative.

I posti letto sono 12, di cui due riservati alla pronta accoglienza. In un anno, con questi posti, la comunità terapeutica riabilitativa protetta Biancospin di Romano d’Ezzelino (Vi) riesce ad accogliere 20/25 adolescenti. «Ma nel 2023 le richieste di inserimento sono state 250, persino per ragazzini di 11-12 anni, che attualmente non possiamo accogliere», racconta Francesco Tosetto, presidente della cooperativa sociale La Goccia di Tezze sul Brenta (Vi). La comunità Biancospin è nata nel 2014 per accogliere minori con disagio psichico, fra i 14 e i 18 anni: è stata la prima del Veneto. Quella sproporzione assoluta fra la possibilità di risposta (25 adolescenti l’anno) e il bisogno espresso dal territorio (250 richieste) basta da solo a urlare quanto oggi, a cento anni dalla nascita di Basaglia, non si possa parlare di salute mentale senza parlare di salute mentale degli adolescenti: un tema che invece anche soltanto quindici anni fa non era nell’agenda. 

Ecco perché nel numero di VITA magazine dedicato a questo anniversario, un capitolo racconta proprio le esperienze innovative per dare risposta al disagio psichico di ragazzi e ragazze, con le esperienze e le testimonianze della cooperativa sociale La Goccia; del consorzio Il Nodo di Catania con i Msna; della Fondazione Laureus che lavora attraverso lo sport; della cooperativa sociale Aeper di Bergamo; della cooperativa sociale Fraternità Giovani di Brescia; di Fondazione Exodus di don Antonio Mazzi a Gallarate e ad Assisi; della cooperativa sociale Progetto Emmaus e del suo progetto “La valigia di Arlo” nel cuneese; del Centro Italiano Aiuti all’Infanzia che a Milano con il progetto “Attiva-mente: percorsi in rete” sta lavorando insieme alla neuropsichiatria infantile dell’Asst Grande Ospedale Niguarda e al Centro Psico Sociale Giovani di via Livigno e della Fondazione Il ponte del sorriso di Varese. 

Le foto di questa news per esempio sono alcuni scatti dal progetto “Ci sono. Mi vedi?”, curato dalla fotografa Chiara Cadeddu per il centro diurno “Raggio di Sole” di Fraternità Giovani di Brescia, una delle esperienze raccontate su VITA. Nel 2005 Fraternità Giovani è stata la prima realtà di Terzo settore della provincia di Brescia ad occuparsi di minori con disturbi del comportamento e a giugno 2024 nel quartiere San Polo inaugurerà un nuovo Centro polifunzionale per bambini e ragazzi con patologie di tipo neuropsichiatrico. L’anno scorso ha seguito 244 minori, con tre centri diurni, una comunità terapeutica per adolescenti e “Piccole Pesti”, un progetto innovativo rivolto a bambini fra i 5 e gli 11 anni. Anche il suo Centro Residenziale Terapeutico Raggio di Sole, a Ome (Bs), ha una lunga lista d’attesa: 16 posti e 50 ragazzi in lista, da tutta la Lombardia. Dinanzi a numeri così, si capisce perché sia una priorità «dare risposte immediate al bisogno, attraverso progetti leggeri», spiega Laura Rocco, la presidente.

Ma torniamo in Veneto. La salute mentale è il focus della cooperativa La Goccia, che gestisce alcune comunità terapeutiche, due centri diurni per adulti e alcuni ambulatori per disturbi della personalità e disturbi del comportamento alimentare. «Quando abbiamo aperto il Biancospin siamo stati dei precursori», ammette Tosetto, «allora nemmeno si pensava che gli adolescenti potessero avere un disagio mentale. Le neuropsichiatrie infantili si occupavano pressoché solo di disabilità intellettive e i servizi non avevano le competenze necessarie». «Oggi moltissime cose sono cambiate», aggiunge Riccardo Ravagni, referente dell’area salute mentale della cooperativa, «ma la capacità del sistema di dare risposte resta nettamente inferiore al bisogno». 

Perché è nata la comunità per minori con problemi psichici?

Francesco Tosetto: È un progetto che nasce coinvolgendo le direzioni delle quattro neuropsichiatrie infantili della provincia di Vicenza: è stato un avvenimento. Avevamo riscontrato una carenza notevole di risposta a questa fascia di popolazione, che in quel momento non veniva presa in considerazione.

Come sono cambiati i bisogni dei ragazzi?

Riccardo Ravagni: Negli ultimi anni sono cambiate molte cose prima di tutto a livello di complessità. Prima erano prevalenti i minori con monodiagnosi, mentre adesso hanno quasi tutti più diagnosi contemporaneamente: disturbo della condotta, della personalità, disturbo antisociale (che non possiamo accogliere se è il tratto caratteristico prevalente), disturbi psicotici, affettivi, dipendenze, disturbi del comportamento alimentare. Pluridiagnosi significa complessità. L’altro elemento è che è diminuita moltissimo l’età, negli ambulatori per i disturbi del comportamento alimentare per esempio il 35-40% delle persone che seguiamo sono minori, molti anche sui 10-11 anni, in situazioni di elevata gravità. Un terzo elemento è che se nei primi anni avevamo problemi a gestire l’effervescenza dei ragazzi e delle ragazze, adesso abbiamo il problema opposto, con adolescenti eccessivamente passivi, molto chiusi, con grandi difficoltà a entrare in relazione. 

E cosa è cambiato nell’approccio, in questi dieci anni di lavoro?

Francesco Tosetto: Col tempo, osservando la realtà, abbiamo fatto una riflessione sulla necessità di aprire una nuova dimensione: noi cercavamo di costruire una comunità sana dal punti di vista delle relazioni, che desse risposte alle persone. Ma ci siamo accorti che molti ragazzi, quando arrivano al Biancospin, non hanno una comunità attorno, a volte non hanno neanche una famiglia. E quando escono, così, tornano in un contesto in cui mancano relazioni personali profonde. Il Biancospin allora rischia di diventare solo una parentesi, un surrogato temporaneo delle relazioni di cui tutti abbiamo bisogno per vivere. Noi ci siamo fatti l’idea che il fatto che non c’è più una comunità sia un determinante del disagio. Ecco quindi che gran parte del nostro lavoro con gli adolescenti è proprio sulla costruzione di relazioni personali autentiche e profonde, che mettano in gioco i ragazzi: questo significa che la cooperativa negli anni ha virato molto verso l’essere costruttori di comunità, sul territorio, anche con iniziative che apparentemente hanno poco a che vedere con la salute mentale ma che in realtà sono generative di relazioni, proprio per evitare che dalla mancanza di relazioni scaturiscano patologie. Non siamo un servizio chiuso, coinvolgiamo il più possibile la comunità locale in laboratori, attività sportive, passeggiate… Abbiamo la necessità di avere attorno una comunità viva e vitale perché la comunità è un fattore fondamentale di riabilitazione. Stiamo pensando di introdurre una nuova figura professionale in cooperativa, che sia proprio un “costruttore di comunità”. 

Come avviene l’accesso in una comunità residenziale per un minore? 

Francesco Tosetto: Tendenzialmente sono i servizi a fare richiesta, per adolescenti che sono stati ricoverati in Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura-SPDC in situazioni critiche, acute. Dopo la fase acuta si passa a quella subacuta e riabilitativa, i servizi ci contattato e noi facciamo valutazione e un incontro con il ragazzo, con la famiglia e con i servizi. È fondamentale che ci sia da parte della persona la consapevolezza e il desiderio di entrare in comunità: non sono rari i casi in cui questa motivazione non c’è e quindi non vengono accolti. A un mese dall’ingresso facciamo valutazione rispetto a degli obiettivi specifici per ognuno, per capire come va, su quali campi di azione lavoratore: perché nella comunità si lavora sì sul disagio ma soprattutto sui punti di forza che sono molto importanti per sopperire alla fragilità. Lavoriamo con vari tipi di figure, con la persona nella sua interezza: biologica, psichica, sociale e valoriale. C’è lo psichiatra, lo psicologo, il tecnico della riabilitazione psichiatrica, l’educatore sociosanitario e l’assistente sociale. Facciamo molti laboratori artistici: lavorazione della ceramica, della pelle, del rame, di agricoltura… tutti volti al miglioramento delle abilità relazionali. Con noi lavorano persone che hanno competenze artistiche. Ci sono alcuni volontari che ci danno una mano. Ovviamente si fa psicoterapia individuale, ma anche moltissimo altro. E anche fra gli adolescenti alcuni hanno un progetto di tirocinio, perché il lavoro è un problema della salute mentale, tanto che anche oggi solo una percentuale irrisoria delle persone con problemi di salute mentale ha un’occupazione. Noi come cooperativa ci puntiamo molto e abbiamo circa un 30% di ospiti in tirocinio rispetto a una media del 10% scarsa. Per alcuni minori abbiamo attivato dei tirocini dentro la cooperativa per esempio per la realizzazione grafica di volantini, l’inserimento di dati, lavori di piccola manutenzione. Siamo una cooperativa con 350 soci e tante attività.

C’è una storia esemplificativa? 

Riccardo Ravagni: Un ragazzo che sta per compiere 20 anni, arrivato al Biancospin quando ne aveva 16 e aveva abbandonato la scuola. Ha un disturbo della personalità. Con noi ha fatto un percorso riabilitativo di un anno e mezzo, recuperando un anno di scuola e ha ripreso a frequentare la scuola. A 18 anni è passato ad un’altra comunità e dopo un po’ ha iniziato a lavorare in fabbrica, ma ha avuto una ricaduta. Oggi vive in una comunità alloggio, un servizio più leggero, dove condivide l’appartamento con 3 o 4 persone e un educatore presente solo qualche ora al giorno e sta facendo noi un tirocinio da noi, che ha chiesto di continuare al termine dei suoi tre mesi perché ha trovato un ambiente accogliente e formativo: si occupa di grafica, di inserimento dati e fa front office. Sto dimostrando una grande perseveranza, benché tutti i giorni faccia mezz’ora di treno e 15 minuti a piedi per arrivare da noi. Si cucina il pranzo e se lo porta da casa. Riesce a portare a termine i compiti. 

Salute mentale degli adolescenti: che cosa non funziona e che cosa serve?

Francesco Tosetto: Senza dubbio c’è tema di carenza di personale adeguato, soprattutto medici. L’altro aspetto però è che dinanzi al bisogno abbiamo pensato dei servizi e lavorato per la loro costruzione, cosa peraltro doverosa, ma nel costruire servizi abbiamo dovuto fissarli, dare degli standard e questa operazione da un lato è positiva ma dall’altro è una gabbia perché essere al servizio di una persona contrasta con la necessità di contare i minuti che ogni figura professionale può dedicarle. Con noi lavorano una persona laureata all’Accademia di belle arti e dei ceramisti, noi sappiamo quanto il loro contributo sia prezioso, ma non sempre riusciamo a inserire queste attività nella progettazione individuale: bisognerebbe lavorare con un budget di salute ma fatto seriamente. Oggi purtroppo a volte anche il budget di salute è solo un modo per pagare le prestazioni, mentre noi vorremmo avere un budget di salute per lavorare con la comunità dove la persona vive, dove tutti i soggetti costitutivi di una comunità  (l’artigiano, la parrocchia, il commerciante…) si prendano carico del processo riabilitativo e possano partecipare alla progettazione della salute mentale. È questo l’elemento che potrebbe sbloccare le situazioni, invece spesso le risorse del budget di salute vengono utilizzate ancora in maniera rigida: è una logica che garantisce il minimo ma tarpa l’optimum.

Fonte: Vita.it

You May Also Like

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *