Al Teatro Franco Parenti fino al 4 maggio va in scena ‘Chi come me’, ultima regia di Andrée Ruth Shammah

di Esterina Dana
Giovedì 4 aprile è stato presentato in conferenza stampa al teatro Franco Parenti di Milano, in un foyer affollato e commosso, lo spettacolo Chi come me di Roy Chen, in cartellone dal 5 aprile al 4 maggio 2024. Una storia dolorosa, tenera, gioiosa, sulle ansie, fragilità e paure che bloccano nella loro solitudine cinque ragazzi di oggi, tra i 12 e i 18 anni, e su come, attraverso il teatro, trovano la via per guardarsi dentro, parlare con gli altri, vivere meglio. Una storia incredibilmente vera, frutto di un’esperienza reale e intima fatta dall’autore Roy Chen in un centro di salute mentale per giovani difficili.

L’opera, ultima regia di André Ruth Shammah, inaugura la nuova sala A2A Life Company che costituisce la scena. E’ realizzata grazie al sostegno di  Giampiero Borghini, Presidente della Fondazione Pier Lombardo e dalla dott. ssa Todini in rappresentanza di A2A. Insieme all’autore del testo e la regista, tutti gli attori e la scenografa Polina Adamov Chen.

“Lo spettacolo è nato perché ho conosciuto lui, Roy Chen – dice Shammah – una persona piena di energia, di fiducia e di speranza”. Ha illustrato la genesi dello spettacolo, dalla suggestione della pièce vista a Tel Aviv, alle audizioni dei giovani e giovanissimi protagonisti fino alle prove di scena, dando poi la parola a Roy Chen e a tutti gli attori. Che, interpellati, si sono aperti di fronte ad ascoltatori assorti e coinvolti, esprimendo con intensità e passione un’esperienza teatrale profonda e rivelatrice del proprio sé. Ammirevole la manifesta capacità di immedesimarsi e raccontare con delicato umorismo il dolore di giovani fragili affetti da disagio psichico e dei loro genitori impotenti e disarmati di fronte alla realtà di figli che non riconoscono.

“Sono contro la guerra – esordisce Roy Chen – e piango tutti i giorni per i morti di Gaza. Spero che anche tu pianga per i morti israeliani. (… ). Vengo dalla guerra, ma come sempre il teatro mi, ci salva”.  Perché è una safe zone dove si può fare la cosa più importante in questo periodo difficile: dialogare, fondamento base del teatro e unico modo di risolvere i conflitti”.  E spiega: i cinque giovani protagonisti danno voce a coloro che non ce l’hanno; “sono noi in un’altra frequenza” la quale, per  André, assume l’intensità di un terremoto. La scena è uno spazio piccolo e immersivo, in cui tutti sono vicini; ma ogni angolo è anche uno spettacolo a sé in cui ogni personaggio racconta una storia intima che condivide con gli altri, avvolgendo il pubblico in un “abbraccio senza contatto”, all’insegna della compassione e della speranza per il futuro che li trascende.

Fonte: Mosaico cem

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