Femminicidio di Rovereto, gli psichiatri: “E’ più semplice immaginare una patologia alla base di ogni crimine, ma le persone sono libere di scegliere e compiere anche il male”

La lettera aperta inviata da un gruppo di professionisti delle Unità operative di psichiatria e del Dipartimento transmurale Salute mentale dopo i tragici fatti di Rovereto: “Fino a prova contraria, le persone sono libere di scegliere, anche di compiere il male, e va loro restituita la responsabilità delle proprie azioni. Se non accettiamo questo, si corre il rischio (purtroppo già realtà) di delegare in toto ai Servizi di Salute Mentale la gestione di problemi che non possono trovare soluzioni unicamente nella Psichiatria”

ROVERETO. “Non si può pensare che un Tso o la riapertura di strutture similmanicomiali (più volte caldeggiata da qualcuno) possano essere la panacea di tutti i mali. Il problema è molto complesso e, come tale, merita una risposta altrettanto articolata”. Una risposta che, dicono in sostanza ben 92 professionisti delle Unità operative trentine di Psichiatria e di Salute mentale in una lettera aperta dopo il tragico femminicidio avvenuto a Rovereto il 5 agosto scorso, non può vedere proprio nei servizi di Salute mentale dei “garanti dell’ordine pubblicoprevedendoprevenendo contenendo il compiersi di eventuali reati tutte le volte in cui si ipotizzi una minaccia in tal senso”.

L’intervento degli operatori di Salute mentale trentini (92 in tutto, come detto, i firmatari della lettera) s’inserisce nella discussione nata dopo l’efferato crimine che il 5 agosto scorso ha visto vittima la 61enne Iris Setti Rovereto, all’interno del Parco Nikolajewka. Diverse persone hanno infatti puntato il dito proprio sul sistema di Salute mentale in Provincia, visti i precedenti (Qui Articolo) manifestati in passato dall’assassino. Dichiarazioni che, dicono i professionisti, rischiano “da un lato di confondere disorientare ulteriormente chi si approccia a tematiche tutt’altro che semplici” e dall’altro “di alimentare lo stigma e i pregiudizi che malauguratamente accompagnano ancora la nostra disciplina”.Contenuto sponsorizzato

Parlando del caso specifico infatti, nell’intervento condiviso dagli psichiatri trentini si rileva come sia “innegabile” la condizione di “forte disagio sociale e, con tutta probabilità, esistenziale” vissuta dall’autore del reato e, partendo proprio da questo presupposto, come “una delle risposte per provare a contenere la criminalità” che si sviluppa dai contesti più disagiati sia di agire sui contesti stessi “per modificarli e ridurre in tal modo i rischi di potenziali degenerazioni”. Che fare, quindi? “La riposta – scrivono – deve essere necessariamente corale. L’intervento di tutti (servizi, istituzioni e cittadini) è imprescindibile per promuovere la salute come bene individuale e della collettività al fine di dare vita ad una società attenta sostenere tutti, in particolare le persone più fragili, e prevenire così il diffondersi di situazioni potenzialmente ad alto rischio”.

Ecco la lettera integrale:

In qualità di professionisti operanti all’interno dei Servizi di Salute Mentale della provincia di Trento sentiamo forte il bisogno di condividere con la cittadinanza e le istituzioni alcune riflessioni scaturite dai recenti fatti di cronaca e dal dibattito che tali fatti hanno generato.

Siamo infatti consapevoli dello sgomento che tali accadimenti hanno comprensibilmente indotto nella comunità, di cui noi stessi facciamo parte e alla quale in via preferenziale vorremmo rivolgerci, sperando di riuscire ad utilizzare un linguaggio che sia il più possibile accessibile anche a coloro che non conoscono il mondo della Salute Mentale.Contenuto sponsorizzato

Purtroppo, in queste ultime settimane, sono state rilasciate sui giornali molteplici dichiarazioni a nostro avviso spesso imprecise, quando non addirittura fuorvianti, con il rischio da un lato di confondere e disorientare ulteriormente chi si approccia a tematiche tutt’altro che semplici, dall’altro di alimentare lo stigma ed i pregiudizi che malauguratamente accompagnano ancora la nostra disciplina.

E’ ormai sentore comune di gran parte degli operatori e delle operatrici della Salute Mentale (non solo trentina) che vi sia la tendenza generale a vedere nella Psichiatria il deus ex machina da invocare ogniqualvolta accada intorno a noi qualcosa di sgradevole, qualcosa di inconcepibile, qualcosa che tutti noi preferiremmo non vedere e quindi rimuovere dalla nostra società. Quel qualcosa che una volta sarebbe stato definito “pericoloso per sé e per gli altri e di pubblico scandalo”, come recitava la Legge 36 del 1904 relativa alle disposizioni sui manicomi e sugli alienati, che ha portato a confinare nelle quattro mura di un manicomio, a salvaguardia della morale e della sicurezza dei “bravi cittadini”, tutta una serie di personaggi scomodi che gran poco avevano a che fare con la patologia psichiatrica.

Fortunatamente, grazie alla Legge Basaglia del 1978 che ha decretato la chiusura dei manicomi in quanto luoghi di morte civile oltre che fisica, è stata superata quella visione che vedeva nello psichiatra il “controllore” dei suoi pazienti, per lasciare posto ad una Psichiatria di comunità che mette la persona al centro del suo percorso di cura con l’obiettivo di creare un’alleanza positiva e sinergica tra professionisti, utenti e familiari degli utenti.Contenuto sponsorizzato

Questa è la Psichiatria che ci piace e che abbiamo scelto di praticare per passione e per vocazione, oltre ad essere l’approccio che nel tempo si è dimostrato senza dubbio vincente nel dare una risposta efficace e soddisfacente a tutte quelle persone che convivono con qualche forma di disagio psichico.

Tuttavia, da un po’ di tempo a questa parte, siamo molto preoccupati per la nuova deriva che si sta diffondendo nella società e in gran parte delle istituzioni per cui ci si aspetterebbe che i Servizi di Salute Mentale si facessero garanti dell’ordine pubblico, prevedendo, prevenendo e contenendo il compiersi di eventuali reati tutte le volte in cui si ipotizzi una minaccia in tal senso.

Del resto, in una società dove l’esistenza del male, della sofferenza e finanche della morte è considerata un grande tabù, comprendiamo come sia più semplice e rassicurante immaginare che alla base di ogni atto violento e criminale ci sia una patologia psichiatrica che lo giustifichi. Infatti, se il male è causato da una patologia, basta curare la patologia per evitare che il male si compia.Contenuto sponsorizzato

Per quanto non sia facile da accettare, dobbiamo però dirci con onestà che le cose non stanno così. Fino a prova contraria, le persone sono libere di scegliere, anche di compiere il male, e va loro restituita la responsabilità delle proprie azioni.

Se non accettiamo questo, si corre il rischio (purtroppo già realtà) di delegare in toto ai Servizi di Salute Mentale la gestione di problemi che non possono trovare soluzioni unicamente nella Psichiatria. Non si può pensare infatti che un TSO o la riapertura di strutture simil-manicomiali (più volte caldeggiata da qualcuno) possano essere la panacea di tutti i mali. Il problema è molto complesso e, come tale, merita una risposta altrettanto articolata.

Nel caso specifico dell’efferato delitto avvenuto il 5 agosto, sarà necessario acquisire maggiori informazioni per comprendere appieno cosa sia accaduto quella notte e se effettivamente si sarebbe potuto fare qualcosa per evitarlo. Quello che è certo, però, è che l’autore del reato viveva una innegabile condizione di forte disagio sociale e, con tutta probabilità, esistenziale, dal momento che si trovava in un paese straniero, senza fissa dimora, senza lavoro, separato da moglie e figli collocati altrove. Se partiamo dal presupposto che, non tutti, ma molti dei reati maturano all’interno di contesti di grande disagio sociale, di povertà a tutti i livelli, di alienazione che genera devianza, una delle risposte per provare a contenere la criminalità che da essi scaturisce è quella di agire su questi contesti per modificarli e ridurre in tal modo i rischi di potenziali degenerazioni.Contenuto sponsorizzato

Di esempi virtuosi se ne potrebbero citare tanti, uno su tutti la storia del signore nigeriano di 41 anni pubblicata sui giornali nei giorni scorsi. Ex guerrigliero, ex clandestino, ex spacciatore, ha cambiato vita dopo l’incontro con una figura educativa avvenuto in carcere, incontro che gli ha offerto una seconda possibilità. Oggi quel signore è un uomo nuovo e ricopre il preziosissimo ruolo di collaboratore presso il Centro di Salute Mentale di Trento.

In conclusione, cosa fare? Crediamo che la risposta a questa domanda debba essere necessariamente corale. Il nostro lavoro ci ricorda ogni giorno l’importanza di fare rete tra servizi e tra persone. Per questo proponiamo che i servizi (sanitari e sociali), le istituzioni, l’associazionismo, i rappresentanti dei cittadini possano sedersi tutti allo stesso tavolo per dialogare tra loro, approcciare il problema a 360° ed individuare soluzioni concrete, efficaci e condivise.

Siamo convinti infatti che l’intervento di tutti (Servizi, Istituzioni e cittadini) sia imprescindibile per promuovere la Salute come bene individuale e della collettività al fine di dare vita ad una società attenta a sostenere tutti, in particolare le persone più fragili, e prevenire così il diffondersi di situazioni potenzialmente ad alto rischio”.

Qui la lista dei firmatari:

  1. Paola Santo – psichiatra
  2. Batul Hanife – psichiatra
  3. Stefania Zeino – psichiatra
  4. Sonia Elengikal – psichiatra
  5. Riccardo Riundi – psichiatra
  6. Maria Imoli – psichiatra
  7. Wilma Angela Di Napoli – psichiatra
  8. Francesca Sozzi – psichiatra
  9. Eleonora Esposito – psichiatra
  10. Ilaria Borzaga – TerP
  11. Valentina Nicolini – educatrice prof.
  12. Chiara Telch – infermiera
  13. Cristina Zeni – infermiera
  14. Laura Zucal – infermiera
  15. Valentina Dallaserra – infermiera
  16. Lucia Salvaterra – infermiera
  17. Anna Spiller – TerP
  18. Tindara La Speme – TerP
  19. Laisa Varneri – Terp
  20. Monica Menapace – infermiera
  21. Gabriella Ciminelli – infermiera
  22. Martina Tomasi – TerP
  23. Cristiana Zamboni – TerP
  24. Chiara Depaoli – TerP
  25. Mattia Donio – psichiatra
  26. Carla Rizzo – psichiatra
  27. Giuseppe Bettinazzi – psichiatra
  28. Chibuzo Martins Awurumibe – psichiatra
  29. Serena Parente – psichiatra
  30. Claudio Agostini – psichiatra
  31. Maddalena Pinotti – psichiatra
  32. Mario Tommasini – psichiatra
  33. Roberto Ponchiroli – psichiatra
  34. Marco Maria Goglio – psichiatra
  35. Serena Cainelli – TerP
  36. Mara Ferraris – TerP
  37. Nicola Bassetti – psichiatra
  38. Paolo Santorum – infermiere
  39. Stefania Girardi – psichiatra
  40. Andrea Angelini – TerP
  41. Sabrina Oss Papot – infermiera
  42. Giulia Bettoglia – Terp
  43. Sara Valentini – TerP
  44. Serena Butterini – Terp
  45. Alberto Della Rosa – psichiatra
  46. Rita Cadonna – educatrice prof.
  47. Giovanni Tognotti – educatore prof.
  48. Antonella Marchi – psichiatra
  49. Morena Morelli – educatrice prof.
  50. Luisa Pesce – psichiatra
  51. Anna Moratelli – TerP
  52. Sara Foradori – educatrice prof.
  53. Enrichetta Goss – infermiera
  54. Iris Zanini – educatrice prof.
  55. Debora Pomiato – educatrice prof.
  56. Alessia Breda – TerP
  57. Sonia Valduga – educatrice prof.
  58. Maurizio Davì – infermiere
  59. Vettore Nicoletta – infermiera
  60. Roberta Pederzolli – educatrice prof.
  61. Eleonora D’Andrea – TerP
  62. Federica Marzilli – operatrice
  63. Olaf Andreatta – operatore
  64. Giovanna Gruber – infermiera
  65. Alice Guerrieri – ESP
  66. Maria Carla Franceschini – educatrice prof.
  67. Mara Varesco – ESP
  68. Angela Paolazzi – ESP
  69. Daniel Uche – ESP e membro GPP
  70. Michele Poli – ESP
  71. Luca Ioriatti – infermiere
  72. Cristina Fontanive – OSS
  73. Cristina Buccella – ESP
  74. Paolo Agostini – membro GPP
  75. Paolo Giovanazzi – ESP
  76. Andrea Puecher – ESP
  77. Lorenza Chini – infermiera
  78. Giovanni Galluccio – membro GPP
  79. Renato Duches – ESP
  80. Federico Zendron – educatore prof.
  81. Daniele Orvieto – educatore prof.
  82. Manuela Girardi – ESP
  83. Nicolina Di Rienzo – infermiera
  84. Manuela Loss – educatrice prof.
  85. Sabrina Del Brocco – operatrice
  86. Leonardo Battistelli – operatore
  87. Chiara Degasperi – educatrice prof.
  88. Paolo Stelzer – educatore prof.
  89. Giordano Bruno – educatore prof.
  90. Carlo Capitanio – ESP
  91. Maria Grazia Masi – TerP
  92. Antonio Vitorio Ghirardello – ESP

Fonte: Il Dolomiti

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