L’eredità emotiva. Una terapeuta, i suoi pazienti e il retaggio del trauma

di Galit Atlas

Nessuno di noi può scegliere dove e da chi nascere. L’eredità emotiva ci è toccata in sorte. Eppure con questo libro possiamo riflettere sulla possibilità che tutti noi abbiamo di distinguere fra il fato ereditato, che non possiamo cambiare, e il destino che invece possiamo costruirci da soli.

Le storie dimenticate, ereditate e non elaborate premono per tornare sperando in un altro esito. Così l’inconscio umano ci riporta continuamente nel vissuto originario in cui le cose sono andate male con il desiderio di rifare tutto daccapo, di riparare il danno e di risanare i feriti e i danneggiati.

“Giungiamo alla conclusione che è la vita non analizzata degli altri che noi finiamo per vivere”

Come un dono d’amore agito inconsapevolmente ci identifichiamo con le generazioni precedenti: con quelli che sono stati offesi, umiliati, violati, uccisi. Nella nostra fantasia curare loro significa curare noi stessi.

Attraverso le storie di vita raccontate in questo libro, possiamo riflettere su quest’illusione. La Atlas, psicoanalista israeliana che lavora da anni a New York, accompagna il lettore all’interno della stanza di terapia dei suoi pazienti, trasmettendo la forza dei passaggi terapeutici compiuti assieme a loro, nell’intento di disseppellire i loro traumi familiari, elaborare le loro perdite e il profondo impatto che queste hanno avuto sulle loro vite, al fine di sciogliere il proprio legame invisibile con il passato, di liberarsi e di creare il proprio futuro, salvando non solo se stessi ma anche la generazione successiva dal dover continuare a sopportare un trauma non elaborato. L’autrice descrive una fitta rete di dinamiche familiari – perlopiù inconsce – che possono crearsi attorno ai segreti. La prima parte del libro racconta la terza generazione di sopravvissuti. È incentrata sul trauma dei nonni e su come si presenta nella mente di un nipote. La seconda parte è rivolta ai segreti dei genitori che riverberano sulle vite dei figli, mentre la terza ed ultima parte si concentra su noi stessi, sull’importanza di un percorso di elaborazione personale volto a rompere il ciclo del trauma intergenerazionale. La persona che intraprende un percorso di psicoterapia inizia a svelare e verbalizzare un’eredità fatta di fantasmi non analizzati dalle generazioni precedenti, avvicinandosi alla propria verità emotiva. Dando parole e significato all’indicibilità del trauma il dolore ereditato si trasforma in resilienza e guarigione. Così i pazienti, aprendo la porta della stanza di terapia, decidono di “camminare verso il dolore del passato, anziché voltargli le spalle”.

Sollecitati da numerosi riferimenti alla vita dell’autrice, nata e cresciuta in Israele e ad alcuni dei protagonisti del libro, non possiamo non interrogarci anche sui fatti di cronaca attuale. In questo libro c’è molto del mondo ebraico, di Israele e della nascita di questo Stato: una nazione fondata sul trauma della persecuzione che ha cresciuto generazioni di soldati e combattenti. “Ogni guerra sarà un’occasione per ripetere e riparare le sconfitte e le umiliazioni passate dagli ebrei”… “il desiderio di riparazione e, questa volta, di uscire vittoriosi, si basa sull’illusione che, quando ci riusciamo, diventiamo i vincitori. Di fatto, però, la vittoria di un soldato non è mai soltanto un trionfo. È anche una perdita, una ferita, come pure la ripetizione di un trauma precoce che si supponeva potesse guarire”… “attraverso il nostro bisogno di guarire antichi traumi, di fatto ci ritraumatizziamo”.

C’è un’evidenza scientifica che sta alla base di quest’opera e proviene dalle neuroscienze e dagli studi sull’epigenetica. Quest’ultima suggerisce che l’essere umano risponde agli stimoli dell’ambiente esterno a livello molecolare; una sorta di memoria raccolta dai nostri geni e trasmessa ai successori. Le ricerche condotte in questi ultimi anni hanno permesso di aggiungere nuove ed importanti pagine, evidenziando come la psicoterapia possa “riprogrammarci” sanando gli effetti biologici distruttivi del trauma. Solo attraverso l’elaborazione del trauma ereditato sarà infatti possibile smettere di ripeterlo (e riviverlo) e dunque ripararlo e guarirlo una volta per tutte. Il lettore comprende così l’importanza di svelare un passato che non si può modificare, ma di cui si possono accettare gli esiti dolorosi delle antiche catastrofi.

Accettare quello che non può essere cambiato consente di avviare il processo del lutto, che ci ricollega alla vita, lasciando spazio alla nascita di nuove possibilità.

Questa è la sola e unica strada che apre la porta verso un nuovo futuro (di pace).

Fonte: sportello di ascolto

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