Salute mentale e intelligenza artificiale

L’Intelligenza Artificiale è la disciplina che studia in che modo si possano realizzare sistemi informatici in grado di imitare le capacità decisionali e di risoluzione dei problemi della mente umana.

Ne sfruttiamo le sue capacità quotidianamente, molto spesso senza nemmeno accorgercene e gli ambiti in cui è presente sono ormai molteplici, tra cui: shopping in rete, pubblicità, ricerche online, assistenti digitali, traduzione automatica, amministrazione pubblica, sanità, etc.

In ambito sanitario ormai è largamente utilizzata per curare, fare diagnosi e addirittura per poter prevedere le malattie prima che queste si manifestino.

In una ricerca condotta da Oracle risulterebbe che il 75% dei soggetti afferma che l’AI ha già dato un contributo positivo al benessere psicologico, in quanto strumento di lavoro e solo il 18% degli interpellati ha dichiarato che preferirebbe aprire un discorso sulla propria salute mentale con una persona invece che con un “robot”. Questo perché le persone ritengono che un’intelligenza artificiale possa creare una “free zone”, una “zona priva di giudizio”, che possa essere un interlocutore imparziale (30%) e che possa fornire risposte rapide su domande specifiche relative alla propria salute mentale (29%).

Infatti nella salute mentale è largamente utilizzata e ci sono un gran numero di software utilizzati in questo ambito che sfruttano l’intelligenza artificiale, come ad esempio Woebot Healt, uno strumento che può ridurre i sintomi di stress, depressione e ansia, oppure Sonde Mental Fitness prodotto di monitoraggio che classifica la salute mentale su una scala da 0 a 100. Viene utilizzata per misurare, capire e identificare le nostre emozioni attraverso l’emotion AI e affective computing e sfruttando le tecnologie del riconoscimento facciale.

Verrebbe poi da pensare che non è poi così semplice riconoscere le emozioni che prova una persona, anche perché spesso vengono simulate o dissuase e quindi come reagirebbe un’intelligenza artificiale difronte a una menzogna? Sarebbe in grado di individuarla? Sono poi così affidabili i sistemi di intelligenza artificiale? Possiamo davvero lasciare che scelgano al posto nostro senza un intervento umano?

Apparentemente è tutto così semplice: diagnosi, dialogo con un chatbot, e riabilitazione. In realtà l’OMS ha frenato l’entusiasmo riguardo al suo utilizzo in ambito di salute mentale, perché dopo aver esaminato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella malattia mentale dal 2016 al 2021 ha riportato che l’uso della IA nella ricerca sulla salute mentale è sbilanciato e viene utilizzato principalmente per studiare i disturbi depressivi, la schizofrenia e altri disturbi psicotici. Ci sono poi difetti significativi nel modo in cui le applicazioni di IA elaborano le statistiche, con convalida dei dati poco frequente e sotto valutazione del rischio di parzialità.


“La mancanza di trasparenza e i difetti metodologici sono preoccupanti, in quanto ritardano l’implementazione pratica e sicura dell’IA. Inoltre, l’ingegneria dei dati per i modelli di intelligenza artificiale sembra essere trascurata o fraintesa e spesso i dati non vengono gestiti adeguatamente. Queste carenze significative possono indicare una promozione eccessivamente accelerata di nuovi modelli di intelligenza artificiale senza fermarsi a valutare la loro fattibilità nel mondo reale” (studio OMS).
Nonostante le numerose applicazioni positive dell’IA, è importante sottolineare che non può sostituire l’essere umano area complessa come quella della salute mentale. Può supportare e potenziare gli operatori sanitari, ma non può replicare completamente l’esperienza umana e l’empatia che una persona può offrire. Pertanto, l’integrazione dell’IA nella salute mentale dovrebbe essere vista come un complemento agli sforzi umani anziché una sostituzione completa.

Fonte: Progetto Itaca

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