Salute mentale sul lavoro a rischio a causa dello stress

Salute mentale sul lavoro: mancanza di avanzamenti e lavoro poco stimolante tra i principali fattori di stress

19 settembre 2023 – Secondo un recente studio di ADP, il 55% dei lavoratori italiani dichiara di essere stressato sul posto di lavoro.

I principali fattori di stress sono la mancanza di avanzamenti di carriera (25%) e un lavoro poco stimolante (40%).

Marcela Uribe, General Manager ADP Southern Europe, commenta:

“Una cultura dell’attenzione alla salute mentale sul posto di lavoro è incredibilmente preziosa sia per i datori di lavoro sia per il personale.

Quando le persone si sentono al sicuro e supportate, è molto più probabile che facciano un lavoro migliore, diminuisca l’assenteismo e si respiri più ottimismo, tutte cose che favoriscono la produttività”.

Ricordiamo che sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro, incluse depressione e ansia del lavoratore.

“Depressione, ansia e malessere mentale sono quindi oramai considerate malattie che possono essere causate anche da un cattivo ambiente lavorativo, o da un eccessivo carico.

È fondamentale che il benessere mentale dei lavoratori diventi una priorità per tutti i datori di lavoro, pena una perdita di produttività, ma anche reputazionale, che potrebbe essere davvero dannosa” conclude Uribe.

STRESS SUL LAVORO:

IL 48% DEI LOMBARDI NE RISENTE ALMENO UNA VOLTA OGNI DUE GIORNI. IL 60% PENSA CHE STRESS E DISAGIO MENTALE DIMINUISCANO LA PROPRIA PRODUTTIVITÀ

Il mese di settembre, si sa, è uno dei più difficili per i lavoratori: ferie finite e nel futuro la prospettiva di un intero anno di lavoro, urgenze e scadenze. Lo stress e la cattiva salute mentale rimangono problemi persistenti sul posto di lavoro, È un argomento di cui si parla molto, ma il dibattito rimane acceso su quanto si stia effettivamente facendo per favorire il benessere mentale in azienda. Tra poco sarà la giornata mondiale della salute mentale (10 ottobre), un’occasione per riflettere su quanto in ambito lavorativo si stiano o meno facendo dei progressi in questo senso.

Secondo il sondaggio People at Work 2023 dell’ADP® Research Institute, condotto su oltre 32.000 lavoratori in 17 paesi (2mila lavoratori in Italia), il 37,6% dei lavoratori della Lombardia pensa che il proprio datore di lavoro non stia facendo nulla per promuovere una salute mentale positiva.

Il 19,8% pensa che invece sia attivo soprattutto tramite il dialogo, favorendo una comunicazione continua e costante:

l’11,6% afferma che sul luogo di lavoro si adottano politiche di non-discriminazione verso i problemi psichici, il 12,6% dichiara come nella propria azienda sia in vigore il diritto di disconnessione da mail e messaggi fuori dall’orario di lavoro, mentre secondo il 12,4%  vi sono vere e proprie pause stabilite per la gestione dello stress (esempio stanza zen, meditazione, palestra,…).

Alla domanda “hai mai la sensazione che il tuo lavoro sia influenzato negativamente dallo stress?” il 60% ha risposto “si”. Di questi, il 26% lamenta di non essere in grado di svolgere il lavoro al meglio delle proprie capacità mentre il 34,5% lamenta di avere continuamente necessità di staccare con piccole pause.

Il 47,4% dichiara poi come i colleghi siano un forte sostegno.

Per quanto concerne lo stress, il 16% degli intervistati afferma di sentirsi stressato giornalmente, il 9% 4-6 volte a settimana, il 23,4% 2-3 volte a settimana, una volta al mese un altro 11,9%.

Tra le cause di stress non solo il carico di lavoro ma anche l’insoddisfazione. Il 20,1% dei lombardi afferma infatti di non sentirsi soddisfatto della propria posizione, uno su cinque.

Le cause principali sono tre: il 40% lamenta di avere avuto un aumento delle responsabilità che non è combaciato con un aumento di stipendio, per il 39,7% il problema è la mancanza di avanzamenti di carriera, per un altro 40% il proprio lavoro non è più stimolante.

Secondo Marcela UribeGeneral Manager ADP Southern Europe: 

Una cultura dell’attenzione alla salute mentale sul posto di lavoro è incredibilmente preziosa sia per i datori di lavoro sia per il personale.

Quando le persone si sentono al sicuro e supportate, è molto più probabile che facciano un lavoro migliore, diminuisca l’assenteismo e si respiri più ottimismo, tutte cose che favoriscono la produttività.

Iniziative come quella di offrire programmi di assistenza ai dipendenti potrebbe suggerire che i datori di lavoro stiano finalmente razionalizzando e formalizzando le attività di supporto al benessere dei dipendenti, anche esternalizzandole.

Tuttavia, devono anche integrare questo tipo di supporto nelle pratiche lavorative quotidiane e istruire e formare i manager su come affrontare lo stress e i problemi di salute mentale nel proprio team”.

Ricordiamo che sono indennizzabili tutte le malattie di natura fisica o psichica la cui origine sia riconducibile al rischio del lavoro
incluse depressione e ansia del lavoratore (Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 ottobre 2022, n. 29611).
Si riconosce così il ruolo dell’azienda nell’insorgenza di disturbi come ansia e depressione.
Ne consegue che ogni forma di tecnopatia che possa ritenersi conseguenza di attività lavorativa risulta assicurata dall’Inail
anche se non è compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi tabellati, dovendo, in tale caso, il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causa tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata.
“Depressione, ansia e malessere mentale sono quindi oramai considerate malattie che possono essere causate anche da un cattivo ambiente lavorativo, o da un eccessivo carico.
È fondamentale che il benessere mentale dei lavoratori diventi una priorità per tutti i datori di lavoro, pena una perdita di produttività, ma anche reputazionale, che potrebbe essere davvero dannosa” conclude Uribe.

FINE

Informazioni sul report

People at Work 2023: A Global Workforce View esplora gli atteggiamenti dei dipendenti nei confronti del mondo del lavoro attuale e ciò che si aspettano e sperano dal posto di lavoro del futuro.

ADP Research Institute® ha intervistato 32,612 lavoratori in 17 Paesi nel mondo tra il 28 ottobre il 18 novembre 2022, comprese 8,613 persone che lavorano esclusivamente nella gig economy.

Ciò ha incluso:

  • 7,721 in Asia Pacifico (Australia, Cina, India e Singapore)
  • 15,290 in Europa (Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito)
  • 5,751 in America Latina (Argentina, Brasile e Cile)
  • 3,850 in Nord America (USA e Canada).

All’interno del campione di lavoratori sono stati identificati i gig worker e i lavoratori tradizionali.

I gig worker sono stati identificati come coloro che lavorano su base occasionale, temporanea o stagionale:

freelance, lavoratori indipendenti, consulenti, gig worker o che utilizzano una piattaforma online per trovare lavoro.

I dipendenti tradizionali sono stati identificati come coloro che non lavorano nella gig economy e hanno invece una posizione permanente a tempo pieno o parziale.

Il sondaggio è stato condotto online nella lingua locale.
I risultati complessivi sono stati ponderati per rappresentare la dimensione della popolazione attiva per ciascun paese.

Le ponderazioni si basano sui dati sulla forza lavoro della Banca Mondiale[1], che sono derivati utilizzando i dati del database ILOSTAT:

l database statistico centrale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), a partire dall’8 febbraio 2022.

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Più di 1.100 clienti si avvalgono delle soluzioni offerte da ADP che è presente a Milano, Torino, Roma e conta su un team di 700 dipendenti.

Per maggiori informazioni visita www.it-adp.com

 [1] Source: The World Bank, Labor force, total, World Development Indicators database, February 8 2022

Fonte: il Quotidiano d’Italia

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