Presentato il 1° aprile “Percepire l’invisibile”, un docufilm sul disagio mentale

Il lavoro sull’emarginazione sociale è un progetto dell’Asl Roma1 realizzato da terapeuti e pazienti e proiettato alla Casa del Cinema. 

Lo scorso 1 aprile negli spazi della Casa del Cinema di Roma è stato proiettato in prima assoluta “Percepire l’Invisibile“, il docufilm che, sulla traiettoria di pensiero di Franco Basaglia, innovatore della scienza psichiatrica e promotore del concetto di comunità terapeutica paritaria, è stato realizzato congiuntamente dai pazienti del Centro Diurno del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Roma 1 e dall’equipe medico-psicologica di supporto. Invisibile è ciò su cui cade l’indifferenza, la noncuranza, il distacco e i deserti dell’emarginazione sociale rappresentano i perni di un racconto ideato e voluto dagli ospiti della struttura sanitaria.

Il lavoro si può considerare l’apice di un’esperienza laboratoriale sul Cinema decennale ed interrotta dal lockdown. Le conversazioni sui film, sulle storie, sulle emozioni, hanno spinto al compimento del passo successivo: la creazione di una vera e propria sceneggiatura, una trama libera in cui la creatività potesse essere protagonista. Al progetto hanno collaborato esperti di Cinema come il regista Tino Franco e Matteo Martone, docente e scrittore, editor per Rai Fiction, l’associazione culturale Nel Blu Studios e la casa di produzione Space Off.

Come si diventa invisibili

“Diventare invisibili non è così facile come sembra”, viene detto nel docufilm che si compone di un cortometraggio, della durata di circa 8 minuti, e delle riprese riguardanti la produzione dell’opera.

Certamente non è facile la sensazione di spaesamento indotta dalla solitudine, che è stata propria anche di un invisibile di successo della letteratura, lo scienziato folle di nome “Griffin”, nato dalla penna del britannico Herbert George Wells, il quale affermava che “E’ incredibile quanto poco possa fare un uomo da solo”. 

La paura di “non essere”, dello smarrimento, dell’abbandono da parte della fidanzata, attanaglia ugualmente Francesco, l’antieroe del cortometraggio, che si dilegua nell’invisibilità dopo aver perso il lavoro. Fa diventare invisibili sentirsi socialmente disancorati e non riconosciuti. La dimensione narrativa di “Percepire l’Invisibile” è potente, precisa Pietro Salemme, psicoterapeuta del Centro Diurno, nel porre l’accento sul bisogno di sentirsi inclusi e parte di una collettività che comprende ed accoglie.

Il dialogo con la città

Stefania, Giuio, Elpidio, Annamaria, sono i nomi di alcuni degli sceneggiatori del docufilm che tiene stretto il raccordo con la città, una Roma limpida e solare che resta sullo sfondo dell’affabulazione filmica. E’ la città rimasta chiusa nel periodo più duro della pandemia, inaccessibile nei bar e nei luoghi di ritrovo considerati, secondo i semplici rituali abituali, fortemente riabilitativi dai terapeuti. “Percepire l’Invisibile” ha rappresentato una compensazione creativa, il messaggio che vuole legare ai cardini dell’incontro la risposta completa al dissolvimento di pregiudizi e paure. L’intonazione del racconto è comico-sentimentale, la recitazione appare vicina a quella del cinema muto, come se le parole venissero dalle profondità del silenzio, da chi non ha voce ma intende dare e ricevere un dono.

Come se, sommessamente, il concetto di “gruppo curante” potesse espandersi verso una dimensione ampia pervasa di socialità. Numerosi sono i patrocini dell’iniziativa, quello di Anac, Associazione nazionale autori cinematografici, Regione Lazio, Comune di Roma. Secondo Francesca Izzo, responsabile del Centro Diurno, l’obiettivo delle attività è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema del disagio psichico. Ciascun malato è un portatore di verità, di rifrazioni complesse ma, in fondo, a chiunque può capitare, almeno una volta, di sentirsi “Invisibile”.

Di Daniela Muraca

Fonte: BLASTING NEWS

Foto di geralt da Pixabay – CC License

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